Il destino peggiore

Correva l’anno 2013. Pregustavo la storia che era nata dentro di me ogni giorno, e, alla fine, dopo essermi laureata, la trasmisi su carta. Ruppi il guscio dell’imbarazzo e della timidezza e cominciai a muovere i primi passi nel lungo e periglioso percorso della scrittura. La mia visione ingenua dell’arte venne colpita duramente, compresi e accettai l’orrido valore commerciale del prodotto, mettendo in secondo piano la fulgida colorazione emotiva che aveva per me.
Ho affrontato tante situazioni, discussioni e dibattiti; tutto era partito da quella storia, da quel manoscritto, a cui cercai disperatamente una Casa Editrice. Ho compiuto i primi, grossolani e orribili errori, come mandare il file pdf senza una riga di presentazione; ricevetti gli assordanti silenzi e anche qualche rifiuto; ma continuai, facendo tesoro dell’esperienza e dei saggi consigli che si trovano sul famoso motore di ricerca Google

Il 2017 fu un anno fortunato perché firmai tre contratti editoriali. Il primo per “Sbocciare dalla banalità” e il secondo per “Il mio segreto”.
E il terzo per il romanzo in questione. Tutti gli sforzi, tutto il mio entusiasmo erano stati premiati! Ecco che il manoscritto aveva trovato casa. Finalmente avrei potuto consegnare la copia cartacea approvata dai professionisti a coloro che lo avevano letto (e criticato) in anteprima. Sognavo, a occhi aperti e a occhi chiusi, la copertina, il formato e la qualità della carta. Provai un sincero moto di gratitudine verso la casa editrice: comprai alcuni suoi libri, lasciai recensioni, cercai di sostenerla e di conoscere le persone che la componevano.

Nel 2019 (due anni dopo, sei anni dopo la prima stesura del manoscritto) iniziai un editing molto proficuo. Il libro fu in gran parte riscritto e migliorato; un’esperienza che mi ha arricchito e mi ha insegnato tanto.  Dopo qualche mese, il libro era pronto. Mancava la fase della caccia al refuso, ma pensavo che il grosso del lavoro fosse fatto. 

Dovetti aspettare il 2021 per altre notizie; sembrava davvero che fossimo vicini alla pubblicazione. La casa editrice fece anche scrivere un’ottima prefazione al libro, che riuscì a coglierne il significato più profondo. Avevo aspettato tanto, ma ne era valsa la pena!

Mancava solo l’ultima rilettura ed eravamo pronti. 

Intanto mandai altri manoscritti ad altre case editrici e nel 2021 pubblicai “Interazioni” e “Chi vuol vivere in eterno?
Credo che conosciate bene entrambi i titoli, visto che vi ho ammorbato parecchio.

Voi avete ricevuto notizie di quel romanzo scritto nel 2013 affidato alla casa editrice, con contratto editoriale firmato nel 2017? Chiedo a voi, perché io da quel 2021 io non ricevetti più alcuna notizia.

E va be’, la vita ci tiene impegnati con altre questioni, e comunque avevo anche libri a cui pensare. Per inciso, quando parlai al telefono con un editore per altri manoscritti, feci presente che avevo questo libro in cantiere e lui mi mise in guardia: “Fai in modo che non escano insieme, perché le persone al massimo ne comprano uno, quindi devono uscire a distanza di tempo.” 

L’unico modo per capire le tempistiche delle case editrici è affidarsi alle cartomanti, quindi, con le sante bugie bianche inevitabili nella società di oggi, riuscii a evitare che il libro in cantiere compromettesse anche l’uscita dei libri futuri.

La storia finirebbe qui se non avessi osservato i miei alunni: prendono a morsi la vita, non tacciono davanti a quella che ritengono un’ingiustizia, combattono senza paura di offendere (e quando sorpassano il limite ci dovremmo essere noi docenti a fermarli). Inoltre ho anche notato che le buone maniere, in certi casi, falliscono. Ero sempre gentile, disponibile e comprensiva con loro e questo ha portato a diverse situazioni sgradevoli. Quindi ho dovuto cedere al lato oscuro: anche io avevo i denti, e minacciai di mordere. Una volta l’ho anche fatto (metaforicamente parlando!) ma questa è un’altra storia.

Così mi venne un’illuminazione: perché io ero stata sempre carina, cortese e disponibile con la casa editrice e non avevo mai avanzato richieste? Forse era stato quello il più grave errore. Tanti libri erano usciti prima del mio (e sapevo essere stati accolti dopo il mio); forse gli altri autori erano stati più esigenti, non avevano subito passivamente come me. La carta delle buone maniere, della pazienza e della comprensione l’avevo giocata per dieci anni. Non restava che cambiare: minacciai la rescissione del contratto e contattai un avvocato.

“A mali estremi, estremi rimedi. Sono passati dieci anni. Il poeta Orazio consigliava di tenere il libro nel cassetto per nove anni, per il suo labor limae. Ne sono passati dieci. È tempo di agire!”

Rafforzata anche dal rinnovato entusiasmo di cui parlavo nell’articolo precedente, mi attivai, scrissi, mi informai.

L’avvocato ovviamente chiedeva un compenso per portare avanti la pratica di rescissione del contratto. Tale rescissione avrebbe aperto diversi scenari complessi, anche dal punto di vista morale (non dimentichiamo il lavoro dell’editor), e avrei dovuto comunque investirci qualche soldo che non sarebbe mai tornato indietro (la scrittura è un lavoro a perdere). 

La casa editrice diede conferma del fatto che nemmeno le minacce sortiscono effetto alcuno. Non pensavo fosse possibile, ma temo di aver peggiorato la situazione: l’ultima risposta che ricevetti dalla casa editrice era molto piccata, quindi ormai credo che il libro non vedrà mai la luce.

E così tutto l’entusiasmo si spense.

Avete presente quelle forme di vita magiche che vengono sigillati per l’eternità da incantesimi potentissimi?

Per qualche motivo, il sigillo viene rotto e inizia il panico (con relative azioni eroiche da parte del protagonista buono). Mi sento solidale con quei demoni, ora che anche una parte della mia anima è stata sigillata. Ho deciso quindi di abbandonarla là, imprigionata dal quel sigillo dove c’è la mia firma. 

In fondo bisogna anche capire quando lasciar andare; tutti i miei tentavi sono finiti in un orrido abisso. Perché dovrei continuare a costruire quando ho ottenuto solo silenzio e desolazione?

Ci sono tanti libri in cerca di casa editrice, tante persone single in cerca di una relazione, tanti disoccupati che cercano un lavoro, così come lo sono stata io. Mi dannavo per non riuscire a trovare un posto per i miei libri, un partner, un lavoro; erano momenti di grande sconforto. Ebbene, posso ora affermare che il destino peggiore consiste nell’ottenere un posto che però è sbagliato; restare incastrati in casa editrici, relazioni o posti di lavoro che ci tengono sigillati e ci impediscono di trovare la nostra strada.

Oscar Wilde afferma: “A questo mondo vi sono solo due tragedie: una è non ottenere ciò che si vuole, l’altra è ottenerlo. Questa seconda è la peggiore, la vera tragedia.”

Ecco, infatti. Avevo finalmente ottenuto il mio contratto editoriale e si è rilevato la più grande condanna, il destino peggiore per il mio romanzo.

Bisogna comunque avere la forza di lasciare andare; fare tesoro dell’esperienza e degli errori fatti. Amo molto gli anime tratti dai manga shōnen, dove il protagonista non si arrende mai e anche quando la situazione sembra perduta trova la soluzione per non mollare. Mi piace il messaggio: è importante non arrendersi.

Ma è anche importante capire che se si cerca di costruire una casa su un abisso, si buttano tanti mattoni nelle speranza di gettare le fondamenta, e ci si accorge che dopo tanti sforzi c’è ancora l’abisso, forse il sito non era adatto per costruire una casa. 

Non bisogna rinunciare all’idea della casa, ma cambiare la metodologia. Accettare l’idea che i mattoni impiegati per costruire le fondamenta sono perduti. Smettere di lanciarne altri nell’abisso; conservarli per andare a costruire in un posto diverso e più adatto.

I dieci anni trascorsi dalla stesura e il mio manoscritto sono i mattoni persi. La storia resterà sigillata come un demone antico. La realtà non segue la fantasia, quindi nessuno verrà a liberarlo. State tranquilli, nessun ammorbamento da accattona “ti prego compra il mio libro, sotto l’ombrellone o all’ombra degli alberi è fantastico”.

Quest’estate siete liberi!

Ma visto che il male dell’accollo non trova mai fine, magari risistemo qualche racconto inedito che ho nel cassetto e vi lascio la possibilità dell’eroico gesto chiamato “col cavolo che me lo leggo!”.   

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